Violenza di genere e responsabilità sociale.

Il rumore della chiave nella toppa. Il cuore accelera. Un rapido sguardo che tutto sia in ordine. Che la bambina non pianga. Ha solo 4 anni, ma ha imparato STARE BUONA. Abbiamo imparato. Ma poi c’è sempre qualcosa fuori posto, un oggetto, una parola, un pensiero. MI SENTO FUORI POSTO. E forse davvero sono sbagliati i miei desideri, le mie inquietudini, le mie domande. Forse davvero sono io che proprio gliele tiro fuori le parole cattive, i gesti cattivi…

 

Una donna su tre subisce violenza. Psicologica, fisica. economica o sessuale. Senza gradiente di gravità: spesso le parole. gli insulti, le umiliazioni feriscono più delle botte. Senza distinzioni geografiche o socio-culturali, senza distinzioni economiche o di status sociale. Con la costante che ad agire violenza è il compagno, il marito, l’ex fidanzato, il padre. Uomini a volte incapaci di accettare un no. un rifiuto, una separazione, o la volontà di auto-determinazione. Con la costante che è poi la donna a sentirsi sbagliata, in colpa, a provare quella vergogna che paralizza nel parlare, nel chiedere aiuto.

Con la costante che sempre i figli e le figlie sono coinvolti. terrorizzati e spesso invisibili testimoni. Uscirne non è facile, ma è possibile: sono tante le donne ad aver trovato la forza di parlare. di denunciare, di chiedere protezione per sé e per i propri figli. Su tutto il territorio nazionale esistono i centri antiviolenza e si sta diffondendo una nuova e più attenta sensibilità al fenomeno. Perché per uscire dalla violenza è necessario non essere lasciate sole. È necessario che la società riconosca il problema non come un”fatto privato”, non come una”questione psicologica e relazionale” ma come una questione pubblica, espressioned i una cultura ancora patriarcale, basata sulla disparità di potere e di opportunità tra generi. È necessario che ci si attivi, anche a livello di interventi educativi precoci, per modificare questa cultura. È necessario riconoscere e ricollocare le responsabilità, che nelle situazioni di violenza non sono mai pari. È necessario che la comunità si muova sulla base di leggi e convenzioni oggi esistenti ed offra tutela e supporto, al di là di pregiudizi e luoghi comuni. Chi subisce violenza non se l’è cercata, non rimane. a volte per anni, nella relazione perché le piace, ma perché ha paura, perché non vede alternative …

Per uscire dalla violenza non è sufficiente separarsi e denunciare, serve una rete di sostegno. Per i bambini e le . bambine non è sempre”preferibile una famiglia unita”, ma è necessaria la tutela e l’interruzione degli agiti violenti anche quando subiti indirettamente, assistendo alla violenza di un genitore contro l’altro. È necessaria, in sintesi, una comunità che sappia essere testimone solidale. che sappia offrire condivisione e giustizia e che non accetti il silenzio e l’omertà, che rinunci all’illusione di neutralità che di fatto equivalgono a complicità con chi agisce violenza.

È stata dura, ho dovuto vincere mille paure e mille dubbi. È stato un vortice, raccontare e raccontare ancora.. .anche a chi non capiva, denunciare, scappare via, la convivenza con altre donne nella casa rifugio… Mai avrei pensato capitasse a me. Al centro antiviolenza mi hanno aiutata, mi sono sentita ascoltata e rispettata. Pian piano sto trovando il mio posto. Una nuova serenità, una nuova  consapevolezza. Per me e per mia figlia, che oggi vede una mamma libera di scegliere.

In aprile CLIC organizza due eventi sul tema della violenza: il 13 parleremo di violenza contro le donne e il 18 di violenza contro le bambine ed i bambini.